Le catacombe di Torpignattara riaperte al pubblico

Una pinacoteca sotterranea torna visitabile dopo vent’anni. E nel Mausoleo di Sant’Elena, madre di Costantino, sono conservate le anfore pignatte che danno il nome al quartiere.

Sulle orme degli antichi pellegrini, nel ventre della terra, fino alle tombe dei martiri Pietro e Marcellino. Fra gli affreschi tornati a splendere dopo i restauri di quella straordinaria pinacoteca sotterranea che si snoda nei 18 mila metri quadrati di gallerie delle catacombe dei Santi Pietro e Marcellino, sulla via Casilina. Le terze di Roma per estensione. Che domattina riapriranno insieme al Mausoleo di Sant’Elena, dopo vent’anni di restauri condotti dalla Pontificia Commissione di archeologia Sacra e dalla Soprintendenza per i Beni archeologici di Roma. Un doppio gioiello viene così restituito al quartiere, Torpignattara, che proprio alle anfore (o anche: le “pignatte”) inserite nella volta del Mausoleo, dedicato dall’imperatore Costantino alla memoria della madre, deve il proprio nome.

«Si tratta di uno dei complessi più importanti della Roma paleocristiana e costantiniana» spiega Fabrizio Bisconti, Sovrintendente archeologico delle catacombe della Pontificia Commissione, presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi. Grazie anche al contributo dell’Azerbaigian, che ha finanziato una parte degli interventi attraverso la fondazione della moglie del presidente Ilham Aliyev, Mehriban Aliyeva, «sono stati restaurati i due terzi degli 80 cubicoli e tutti gli straordinari affreschi». Fra questi, una magnifica rappresentazione del V secolo del Cristo con gli apostoli Pietro e Paolo, insieme a tutti i martiri sepolti nelle catacombe, da Pietro e Marcellino a Tiburzio e Gorgonio. Splendida anche la figura di Orfeo, dipinta nella lunetta di un arcosolio, «dove il mito pagano venne riletto poi in chiave cristiana come immagine del Cristo che con il suono della cetra addolcisce anche i cuori più restii».

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Le catacombe, in uso dal III secolo, furono abbandonate nel 410, dopo il sacco di Roma. Almeno per quanto riguarda la loro funzione funeraria. «Ma i devoti — racconta Bisconti — continuarono a arrivare anche nel Medioevo. Le tombe dei martiri erano meta di un pellegrinaggio internazionale, anche dall’estremo nord Europa, come testimoniano i graffiti in lettere runiche trovati sulle pareti». Dopo l’inaugurazione di domani, alle 9.30, le catacombe, gestite dalla parrocchia dei santi Pietro e Marcellino ad duas lauros con i padri dell’Istituto Cavanis, saranno visitabili ogni sabato e domenica. Insieme al Mausoleo di Sant’Elena, fatto costruire da Costantino per sé e dedicato — dopo la scelta di essere tumulato nell’Apostoleion di Costantinopoli — alla memoria della madre, che qui fu sepolta nel monumentale sarcofago porfiretico con scene di battaglia oggi conservato ai Musei Vaticani.

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Nella piccola chiesa, costruita nel 1600 all’interno del Mausoleo, la Soprintendenza archeologica di Roma ha creato anche un nuovo museo con oltre 200 testimonianze archeologiche. Fra queste, le stele delle tombe degli equites singulares, le guardie a cavallo dell’imperatore che, durante la battaglia di Ponte Milvio, si schierarono con Massenzio. E subirono poi una damnatio memoriae, con il loro cimitero distrutto da Costantino. «Grazie a una convenzione voluta da Adriano La Regina, la Soprintendenza ha lavorato per anni al consolidamento, al restauro e alla musealizzazione del Mausoleo, che ora dialogherà con le catacombe sottostanti» spiega la Soprintendente, Mariarosaria Barbera. «Si crea così un polo archeologico importante in una zona della periferia romana, con il salvataggio e l’apertura al pubblico di un tesoro che, senza l’intervento dello Stato, sarebbe stato condannato al degrado definitivo».

di SARA GRATTOGGI su roma.repubblica.it

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