Tecnologia LIDAR individua a Trieste il più antico castrum romano

Un team di ricercatori italiani costituito dall’archeologo Federico Bernardini e dal fisico Claudio Tuniz, entrambi del Laboratorio multidisciplinare dell’ICTP (Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam di Trieste) ha scoperto il più antico castrum romano, che potrebbe essere quello descritto da Tito Livio nella raccolta Ab Urbe Condita. Lo studio fa parte del progetto Exact (ICTP e Sinctrotrone Trieste) finanziato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia ed è stato completato in soli sei mesi. L’accampamento è stato individuato grazie alla tecnologia LIDAR i cui dati sono stati acquisiti a bordo di un elicottero. Se le ulteriori ricerche e gli scavi  confermeranno tale prima ipotesi il castrum individuato sarebbe più antico di circa 100 anni dell’accampamento romano di Hermeskeil, in Germania, scoperto alcuni mesi fa e finora ritenuto il più antico.

Gli studiosi hanno utilizzato i dati acquisiti durante gli ultimi anni dalla Protezione Civile della Regione Friuli Venezia Giulia a scopo di monitoraggio ambientale. Il LiDAR (Light Detection And Raging) è una tecnica di telerilevamento basata sull’utilizzo di un fascio laser che, montato su un elicottero o un aereo, permette di ottenere delle mappe altimetriche tridimensionali del terreno anche se coperto da alberi. I dati sono stati rielaborati con software appositamente dedicati al rilevamento archeologico. Già nei primi anni del secolo scorso uno studioso aveva segnalato l’esistenza di una doppia cerchia muraria sul Monte Grociana,vicino a Trieste, tali strutture descritte non erano più visibili visto che l’area è ricoperta da una fitta boscaglia.

Lo studio verrà  pubblicato sul Journal of Archaeological Science. L’archeologo Federico Bernardini ha raccontato che “la scoperta è avvenuta quasi per caso, inaspettatamente. Quando abbiamo iniziato ad analizzare i dati ottenuti con il LiDAR in realtà ci aspettavamo di trovare i resti del castelliere dell’Età del Bronzo descritto da Marchesetti nel 1903, cioè di un piccolo villaggio fortificato a pianta circolare; invece è apparsa una struttura rettangolare molto grande che, vista la sua forma regolare, non poteva essere di certo protostorica”.

La struttura individuata è costituita da una doppia cerchia muraria di forma rettangolare: quella esterna ne contiene una più piccola orientata in maniera leggermente diversa (immagine in alto).

Una successiva ricognizione archeologica del sito ha portato alla luce alcuni frammenti di orli di anfore permettendo di datare il sito all’epoca romana. I frammenti ceramici sono stati sottoposti ad una microtomografia computerizzata a raggi X, in modo da ottenere una dettagliata ricostruzione virtuale del profilo che ne consentisse una datazione precisa su base tipologica. Sulla base dei profili ottenuti presso il Laboratorio multidisciplinare dell’ICTP, entrambi i frammenti sono risultati appartenere ad una tipologia di anfore diffuse tra la fine del II secolo a.C e l’inizio del I.

Tito Livio racconta nelle sue cronache Ab Urbe Condita come durante la prima fase della terza guerra contro gli Istri la flotta romana si sarebbe mossa dal Lacus Timavi  (il mare di fronte a Monfalcone) per dirigersi verso il primo porto delle coste istriane. Da lì due legioni consolari si sarebbero accampate più all’interno, a circa sette chilometri dalle navi.

Il monte Grociana si trova proprio a 7 chilometri dall’antico porto di Stramare, uno dei primi approdi della regione istriana: secondo gli archeologi l’antico castrum coinciderebbe proprio con l’accampamento descritto da Tito Livio, e sarebbe quindi stato costruito durante le guerre contro Istri e Carni, iniziate nel 181 a.C. con la fondazione di Aquileia e conclusesi nel 177 a.C. con la definitiva conquista dell’Istria.

L’utilizzo della tecnologia LiDAR ha permesso di scoprire anche tumuli funerari, fortificazioni e terrazzamenti agricoli di età variabile dalla preistoria all’età romana mai individuati durante le attività archeologiche sul campo

“Il nostro studio – prosegue Bernardini – oltre ad aver individuato uno degli accampamenti romani più antichi, conferma che il LiDAR è una delle tecniche di indagine archeologica più promettenti per il futuro. Questa tecnologia infatti consente di vedere le strutture sepolto nel sottosuolo anche al di sotto della copertura arborea e con un risoluzione centimetrica”.

Fonte: National Geographic – Archeomatica

Foto: Pianta dell’accampamento romano: modello digitale del terreno (DTM) ottenuto con l’elaborazione di dati LiDAR  acquisiti da elicottero. L’area su cui sorge l’accampamento è completamente ricoperta da un bosco e le strutture, da terra, sono quasi invisibili. Nelle immagini derivate dai dati LiDAR si individuano due strutture fortificate di forma rettangolare: la più grande, che misura 165 m x 134 m, orientata perfettamente N-S, potrebbe essere la più antica, riferibile alla terza guerra istrica (178-177 a.C.). La più piccola, le cui dimensioni sono 100 m x 43 m, è all’interno della precedente ma ha un’orientazione un po’ diversa. Al suo interno sono state trovati frammenti di anfore repubblicane.

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