DALLA TERRA ALLA CARTA: LA PUBBLICAZIONE ARCHEOLOGICA IN ITALIA

DALLA TERRA ALLA CARTA: LA PUBBLICAZIONE ARCHEOLOGICA IN ITALIA.

Venerdì 8 novembre dalle 14 alle 19, presso l’ex Cartiera Latina a via Appia Antica 42.

Gli ultimi 27 anni sono stati caratterizzati, in Italia e in Europa, dalla trasformazione dell’archeologia da disciplina di puro studio e ricerca, in una branca ausiliaria del settore delle costruzioni e dell’edilizia: è la cosiddetta development-led archaeology che contraddistingue la cosiddetta archeologia post-Malta, dal paese in cui venne firmata nel 1992 la nuova Convenzione Internazionale per la protezione del Patrimonio archeologico. Le conseguenze di questa trasformazione ed evoluzione della disciplina sono al centro del dibattito internazionale da lungo tempo: tra le conseguenze più volte messe in risalto, si può certamente collocare la crisi delle corrette pratiche della pubblicazione dei dati, in un certo senso si scava molto di più di prima, ma si studia e si pubblica meno e con minore qualità; in particolare si è più volte sottolineato come si siano moltiplicate le notizie brevi degli scavi effettuati, ma non la loro pubblicazione integrale, completa di stratigrafie e materiali. Mancano, inoltre, ricerche e pubblicazioni che riescano a sintetizzare e correlare tra loro i numerosi nuovi rinvenimenti, con la conseguenza di avere enormi archivi nelle istituzioni preposte alla tutela del territorio, raramente o mai conosciute e rese disponibili al pubblico e agli altri studiosi.
L’altra conseguenza importante della Convenzione di Malta è stato lo sviluppo dell’archeologia professionale svincolata dall’accademia e dal Ministero dei Beni Culturali, le due istituzioni pubbliche entro le quali l’archeologia era nata e cresciuta dalla fine del diciannovesimo secolo, la nascita di quella che in altri paesi è chiamata archeologia commerciale: questi professionisti, a differenza di gran parte del corpo accademico di allora, veniva da differenti classi sociali, non era disposta ad attendere che l’Accademia o il Ministero li includessero, ma allo stesso tempo non voleva rinunciare a fare il mestiere per cui aveva studiato.
La crisi ormai decennale del settore delle costruzioni, ha sottolineato ulteriormente come il rapporto tra archeologia e infrastrutture, che pure in futuro continuerà a esistere, rischi di fagocitare completamente il senso della nostra funzione nella società, svuotandone il fine ultimo, che è sempre quello di ricostruire e raccontare la storia partendo dai dati materiali.
È ampiamente dibattuto in tutta Europa il rapporto tra le due archeologie, quella accademica, naturalmente incline per missione alla ricerca, e quella commerciale, che tende a esaurire sul campo l’esperienza archeologica, concludendo la fase di studio ed elaborazione delle operazioni di scavo, nella maggioranza dei casi, con la semplice relazione finale, la cui consegna è prevista dai protocolli ministeriali, mentre più di rado è nelle condizioni, prima di tutto materiali ed economiche, di poter proseguire lo studio sino alla pubblicazione.
Eppure, se si volesse fare un bilancio anche dell’archeologia accademica, negli ultimi anni sono diventate sempre più rare le pubblicazioni integrali degli scavi e delle ricerche effettuate dalle università e dagli enti di ricerca, segno anche questo della profonda crisi, prima di tutto economica e organizzativa, che ha colpito il mondo accademico, in particolare nella branca umanistica e storica.
Lo Stato italiano, con la legge 110/2014, ha provveduto, finalmente, a riconoscere le figure dei professionisti dei Beni Culturali, inclusi gli archeologi: mentre attendiamo, come tutti, di capire praticamente come cambieranno le condizioni di lavoro degli archeologi italiani, abbiamo ritenuto opportuno, a 15 anni dalla fondazione della Confederazione Italiana Archeologi e in concomitanza con il nostro Congresso Nazionale, fare una riflessione sul tema che, molto più del lavoro pratico sul campo, qualunque esso sia, contraddistingue un archeologo rispetto alle figure di supporto consuete nelle nostre attività: la pubblicazione dei dati che produciamo.
Lungi dal ritenere di poter giungere ad una qualche conclusione o proposta definitiva con questa giornata, ci piacerebbe, però, contribuire a rilanciare un dibattito, quasi fermo, purtroppo, al celebre III ciclo di lezioni svoltosi alla Certosa di Pontignano nel 1989, con poche e rare successive occasioni di dibattito e di incontro tra archeologi: proposito ambizioso, ne siamo consapevoli, ma inevitabile se vogliamo ricominciare a pensare, tutti insieme, archeologi provenienti dai tanti ambiti in cui siamo suddivisi, quale archeologia immaginiamo per i prossimi anni in Italia.

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