La vita in un villaggio medievale. Oggi è realtà con l’Archeodromo di Poggibonsi

Nasce a Poggibonsi il primo museo open air italiano sull’Alto Medioevo che riproduce parte delle villaggio di capanne in vita tra IX e X secolo, nell’area archeologica della fortezza di Poggio Imperiale della città valdelsana. Si chiamerà “Archeodromo” e verrà inaugurato sabato 18 ottobre alle 15.30. L’archeodromo di Poggio Imperiale a Poggibonsi, realizzato con una particolare attenzione alle forme e ai materiali edilizi sulla base dei dati di scavo, si inserisce in una tradizione europea di villaggi altomedievali filologicamente ricostruiti. «Un caso eccezionale», come lo descrive ad agenziaimpress.it il professor Marco Valenti dell’Università di Siena che ha condotto gli sudi sul sito.

Che cosa si intende per archeodromo?

«L’archeodromo è un parco didattico a tema archeologico. Nel nostro caso si tratta della ricostruzione sulla base dei dati di scavo di una parte del villaggio di IX secolo che abbiamo indagato qui a Poggibonsi durante anni di campagne di scavi archeologici. Per la precisione, nel 1992 ho iniziato a scavare nella fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi per individuare e comprendere i resti dell’antica Poggibonsi, qui edificata nel 1155 e distrutta da Firenze nel 1270. Sotto i resti di Podium Bonitii abbiamo individuato una lunga sequenza di depositi che iniziavano nel corso del V secolo proseguendo sino al IX-X secolo. Proprio questi ultimi, relativi ad un villaggio coordinato da una struttura dominante, sono risultati interessantissimi e innovativi aprendo decisamente il dibattito anche in Italia sulla formazione dei villaggi altomedievali. Un caso eccezionale, anche a livello europeo, che non poteva non essere scelto come oggetto dell’Archeodromo, la cui decisione era già in cantiere sin dai primi anni di scavo e che ha preso corpo sempre di più nel tempo».

archeodromo7

Da cosa nasce l’idea di realizzare l’archeodromo a Poggibonsi?

«L’Archeodromo si inserisce in una tradizione europea di ricostruzioni in cui si mostra al grande pubblico la materialità della storia. Nello specifico si lega in modo diretto ad una tradizione museale tipica dell’Europa centrosettentrionale (ambito francese, inglese, germanico e scandinavo). Qui, come negli altri centri europei racconteremo immersivamente al pubblico i risultati dello scavo. Noi ci ispiriamo molto da vicino, per futuri sviluppi del progetto Archeodromo, all’esperienza svolta su un sito eccezionale: il Musée des Temps Barbares-Marle (ad Aisne in Francia) dedicato al periodo merovingio. L’impresa Archeodromo (che va ad aggiungersi al centro di documentazione già attivo presso il cassero della fortezza, all’area archeologica ed al bellissimo restauro in corso della sua cinta muraria) ha il significato di una grande impresa di archeologia pubblica, dove le storie che gli archeologi narrano sono qui toccabili con mano e dove si effettua trasferimento di conoscenza (attraverso storytelling, reenactment e archeologia sperimentale) in modo diretto. Ha il significato di adeguarsi ad alcuni standard europei nel creare il bisogno di archeologia nel grande pubblico ed essere attrattivi di persone e famiglie, lasciando loro conoscenza divertendoli».

In quanti e per quanto tempo avete studiato l’area?

«Lo scavo, preceduto da due anni di valutazioni preliminari, è iniziato nel 1992 ed è proseguito sino al 2008. Sono passati centinaia e centinaia di studenti e laureati in archeologia provenienti dall’intera Europa. Nei periodi di maggior impegno siamo arrivati a periodi di scavo di 3 mesi continui con 70 persone a turno. Per molto tempo è stato uno dei più grandi scavi in ambito rurale italiano».

Che vuol dire che è “il primo museo open air in Italia sull’Alto Medio Evo”?

«Vuol dire che è al momento l’unico in Italia che ripropone le forme del vivere per i secoli dell’alto medioevo. Altri archeodromi sono presenti a livello nazionale ma sono dedicati soprattutto alla preistoria e protostoria. Da Ledro in Trentino alle terramare di Montale in Emilia Romagna e tanti altri sino a Cetona, con la quale faremo sicuramente rete per progetti comuni quasi da subito grazie all’apertura collaborativa immediata che ha avuto la direttrice Maria Teresa Cuda».

In mostra un villaggio ricostruito del IX-X secolo indagato fino al 2008. Cosa raccontano i reperti trovati?

«A Poggibonsi, le strutture d’età carolingia nascono da una nuova ridefnizione urbanistica dell’abitato già esistente intorno ad un grande edificio tipo longhouse residenza di un dominus. Lo spazio circostante fu organizzato con annessi, strutture di servizio e magazzini per la raccolta di derrate; gli animali erano custoditi all’interno del centro e le attività artigianali venivano svolte sotto il diretto controllo del proprietario. La presenza del proprietario, o del soggetto più importante, pare testimoniata da reperti che ne rivelano l’identità cioè una lancia, una punta di freccia, elementi della bardatura di un cavallo: un miles. Nel villaggio per il quale si riconosce la conformazione di una possibile azienda curtense. Infatti, dopo l’VIII secolo, le élite stabilizzarono i propri patrimoni fondiari affermandosi definitivamente nella campagna ed iniziando forse una nuova fase di netta separazione dalla città. Molti dei possidenti sembrano infatti risiedere nei centri di popolamento rurali e radicalizzarne le forme di controllo. In questo periodo azienda e villaggio sono sovente, come dimostra l’archeologia, la stessa entità. Poggibonsi appartiene alla categoria di quei centri in cui il controllo signorile è molto evidente sia nelle caratteristiche dell’insediamento, che ad esso viene conformato, sia nelle restituzioni materiali. Nel caso poggibonsese, a livello insediativo è possibile distinguere lo spazio del potere economico dagli spazi occupati dalla massa dei poderi e si riscontra la presenza tangibile di una figura direzionale che vive nel villaggio e si separa e si distingue dalla massa dei contadini dotandosi di infrastrutture assenti nel resto del villaggio. La residenza padronale è quindi caratterizzata dalla presenza di strutture destinate alle attività artigianali e all’immagazzinamento di derrate alimentari e prodotti agricoli, nonché da edifici di servizio. Questa zona è quindi legata ad una famiglia dominante in grado di esercitare il controllo di tutti i mezzi di produzione, di intercettare e razionalizzare prelievi sulla produzione agricola, accumulare scorte ed esigere opere dai propri contadini».

archeodromo6

 

L’archeodromo che sarà inaugurato aspira a diventare un luogo di rievocazioni e sperimentazioni culturali, quanto è importante oggi conoscere un tempo e una civiltà che sono così lontani da noi?

«Conoscere la storia quotidiana dei luoghi in cui si vive o che si visitano è sempre fondamentale. Capire le scelte umane del passato, oltre ad essere una lezione per il presente e per il futuro, ha anche il significato di educare alla storia ed all’archeologia incardinando il concetto di patrimonio collettivo che va preservato, tramandato e valorizzato. E’ inoltre il mezzo, anzi uno ei mezzi, per educare le coscienze al rispetto dei beni comuni e del paesaggio in una società folle come la nostra ormai. Ma ha anche l’obiettivo di comunicare; ed oggi nella comunicazione non ci deve essere  la paura di sporcarsi le mani; non deve esserci un’aurea accademica che blocchi le forme giuste per creare il “bisogno” di archeologia nella popolazione (“bisogno” è “lavoro”, non scordiamolo). E la scuola senese sta aprendo una serie di nuovi scenari che ci proiettano innovativamente nella prospettiva 2020. Nessuno di noi perde o trascura la scientificità del proprio indagare-registrare i dati-processare-produrre informazioni. Nessuno di noi rinuncia a pubblicare i propri dati. Ma ognuno di noi sta cercando, nelle proprie corde, nuove prospettive in un sistema ormai obsoleto e fallimentare della gestione delle aree archeologiche  e nella comunicazione archeologica. La mia via si fonda per esempio su uno stretto rapporto tra ricostruzione-archeologia sperimentale-reenactment di qualità e credo di essere uno dei pochissimi docenti ad aver aperto totalmente ai gruppi di re-enactors di livello con i quali mi pregio peraltro di essere diventato amico e stretto collaboratore. Parlo di La Fara e Fortebraccio Veregrense in particolare, due realtà di altissima qualità: rievocano i Longobardi e da tempo sono in rapporti di collaborazione con il Man di Cividale grazie all’avveduto e bravissimo direttore Fabio Pagano e con il Museo di Ascoli Piceno».

Cosa deve aspettarsi il pubblico che visiterà l’area?

«Gli archeologi che qui lavorano (la società Archeotipo nata come spin off della mia università) oltre ad essere ottimi archeologi e ricercatori di alto livello, si occupano da alcuni anni di archeologia sperimentale (lavorazione del legno, del cuoio, fonditura e forgiatura del metallo, tintura di stoffe, produzione di vaghi di collana n pasta vitrea, metodi di cottura e cucina) e coniugano queste attività con il reenactment, uno sbocco naturale e totalmente immersivo. Il mio gruppo (come quelli che ho citato) va oltre; gli abiti storici che indossiamo sono frutto di ricerca, di produzione in proprio, di colorazioni naturali e destinati al periodo che rievochiamo. Ognuno di noi si sta specializzando in attività artigianali antiche che replichiamo in diretta ed in abito storico ed il coinvolgimento delle persone avviene facendo didattica in diretta, organizzando giornate didattico-sperimentali per le scuole o per tutti coloro che sono interessati a conoscere e partecipare alla vita ed ai lavori che si svolgevano in un villaggio del IX secolo».

Dopo questa inaugurazione l’attività archeologica si ferma o va avanti?

«Andrà avanti, speriamo e vogliamo fermamente, l’attività di ricostruzione. In questo momento andiamo ad inaugurare una struttura padronale di oltre 140 mq, corredata da una forgia, un orto, ed una vasta area artigianale…. non è poco. Ma il progetto prevede di cercare fondi insieme al Comune di Poggibonsi per ricostruire nello spazio di due anni l’intero villaggio. Un sogno che le assicuro diverrà realtà. Mi lasci presentare la carta d’identità del progetto che è nato nell’unione e cooperazione di vari soggetti: la direzione del progetto è del dottor Luigi Maria Di Corato (già direttore Fondazione Musei Senesi ora direttore Fondazione Brescia Musei). Progetto scientifico e coordinamento lavori è del sottoscritto e del dottor Vittorio Fronza (insegna Archeologia Cristiana e Medievale all’Università degli Studi di Siena) per la realizzazione Arké Archeologia Sperimentale e Archeotipo srl».

archeodromo3

Considerate le sue materie di insegnamento all’Università di Siena, oggi l’archeologia affascina ancora i giovani?

«Decisamente si. Non è certo l’avventura tramandataci da film o certi media: “abbasso Indiana Jones” per capirci. È un lavoro di ricerca quotidiana, di molto sacrificio, privo di orari definiti, nel quale si opera per ricostruire e narrare storie di vita del passato e per formare le basi di un patrimonio comune da valorizzare, rendere fruibile e fonte di reddito per i molti ragazzi che intraprendono questa carriera. Ed è proprio qui il nodo da sciogliere; in un paese che sbandiera la propria storia, tradizioni e beni culturali all’intero pianeta, lo Stato dovrà trovare il modo e le forme affinché gli operatori che formiamo possano continuare a fare ricerca e valorizzare il patrimonio comune».

Un po’ di info pratiche per chi volesse visitare il sito: sarà aperto tutto l’anno? Con che orari? Ingresso libero o a pagamento?

«Stiamo organizzando attività didattiche per le scuole ed iniziative aperte a chiunque. Organizzeremo summer school sull’archeologia sperimentale e sulla ricostruzione. L’Archeodromo è open air quindi liberamente visitabile; ciò che troveranno in più le persone che verranno nelle date di un calendario che a breve pubblicheremo, sono proprio gli archeologi che fanno didattica e story telling in abito storico, eseguendo le attività dell’epoca e coinvolgendo le persone che lo desiderano. Aggiorneremo e informeremo a breve tramite i nostri due canali di rete: il profilo Facebook archeodromo live (vai) dove sinora gli utenti sono stati informati in tempo reale sui lavori svolti e il sito web del parco di Poggibonsi».

Susanna Danisi su agenziaimpress.it

Share Button

Related posts